Giorgio Mega e Teodoro Pace

Saturnie from rem AST on Vimeo.

Abbiamo conosciuto Giorgio e Teodoro grazie a Piotr. Durante la sua mostra erano loro ad accompagnare i visitatori nel corso della “visita guidata”, dei musici un po’ folli e giocosi capaci di trasformare in musica qualsiasi oggetto a loro disposizione. L’appuntamento è a casa di Giorgio. Questa è la prima casa in cui per entrare devi prima uscire. Mi spiego: c’è un cancello, un portone, un piano terra affrescato, un altro portone, un passaggio coperto con una tettoia a vetri colorati e, finalmente, la porta di casa di Giorgio (che tra l’altro nessuno usa perché è un po’ dura da aprire e tutti preferiscono entrare direttamente dalla finestra).
La casa è una specie di rimessa o ex-finta-stalla che l’eccentrico padrone di casa ha ristrutturato in stile pompeiano. All’interno tutte le pareti sono affrescate con trompe l’oeil dal sapore classico. Ci sono paesaggi marini, divinità greche guerriere con elmi e scudi, il tutto su una base rosso-arancio che fa tanto villa pompeiana. In poche parole sembra una via di mezzo tra una pizzeria e una garçonnière, un antro per bunga-bunga di uno che, però, ha fatto il liceo classico. Così, tenuti a vista da Pallade Atena facciamo un bel pranzetto a base di lasagne, insalata all’avocado e, piatto forte nonché creazione di Giorgio, salsiccia di fegato con cipolle e mela verde. Che, a dire così può sembrare un po’ pesante, ma vi assicuro molto gustosa.

A chiudere, torta della foresta nera gentilmente portata da me medesimo in quanto fresco di recente compleanno. E lì che poi, una volta arrivato anche Teodoro, ho avuto il piacere di un esclusivissimo arrangiamento “saturniano” del classico “tanti auguri a te”. Bellissima e commovente, solo che questa versione, estemporanea e unica, dura 45 minuti col rischio di veder liquefarsi interamente le candeline.

La conversazione è stata spassosa e divertente con Giorgio e Teodoro che, con la loro parlata toscano-barese, intervengono continuamente aggiungendo aneddoti, storie e riflessioni.

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Quali sono state le esperienze che avete fatto prima di lavorare insieme?


Giorgio – Tra le varie situazioni in cui sono cresciuto c’era il laboratorio di mio padre che riparava hi-fi e stereo. I miei giochi d’infanzia erano le onde sonore, gli amplificatori, i magneti… Poi ho iniziato a suonare in gruppi rock, però ho sempre avuto un approccio rivolto più verso il suono che verso lo strumento in sé, tant’è che io non ho uno strumento.

 

Sei un polistrumentista?


Giorgio – Piuttosto un a-strumentista! Mi vedo più come un artista imprestato alla musica, o un musicista prestato all’arte contemporanea…insomma da fuori o attraverso.

 

Quando dici che hai iniziato a suonare nei gruppi che intendi?


Giorgio – Suonavo la chitarra elettrica, rock, noise. A quattordici anni ho fatto un anno di chitarra classica ma l’ho aborrita, soprattutto per il metodo d’insegnamento. Per me la cosa fondamentale della musica è suonare, poi impari tutte le varie strutturazioni del suono. Penso sia un problema di come funziona l’accademia che però mi ha portato a rigettare tutto l’apparato e lo stile convenzionale. Ripensandoci: perché dovrei essere contro le note, le scale, gli accordi? Alla fine è stata una reazione che mi ha spinto a scegliere semplicemente una strada diversa.

 

Teodoro – Ho cominciato da piccolissimo a suonare strumenti a fiato, il classico flauto dolce. Soltanto che m’incaponivo, lo portavo sempre con me e lo suonavo continuamente, anche quando non dovevo. Poi, ho fatto un piccolo corso di musica per banda e ho avuto, come Giorgio, la mia esperienza negativa perché io volevo suonare il flauto traverso mentre il capobanda, il maestro, mi voleva indirizzare verso la tromba. Bellissimo strumento, tra l’altro, però io in quel momento guardavo a Ian Anderson, e questo mi ha fatto un po’ allontanare dallo studio. Successivamente, ho fatto dal rock progressivo, sarò stato in una ventina di gruppi diversi, al free-jazz. Ho avuto diverse altre occasioni per imparare, però mi sono sempre reso conto che è un po’ una perdita di tempo: non faccio il musicista come professione, non sono l’interprete di brani altrui, pertanto preferisco prendere lo strumento e suonare.

 

Giorgio – Alla fine, per suonare la musica che vuoi tu, non hai alcun bisogno di scriverla, al massimo prendi qualche appunto.

 

Teodoro – Adesso, con la tecnologia, è molto più semplice prendere un appunto audio piuttosto che scrivere.

 

Giorgio – Io uso penna e agendina ma faccio come mi pare, traccio dei segni, scrivo una parola, delle frecce, non ho nessun piano precostituito, basta che lo capisca io.

 

Teodoro – A differenza di Giorgio che ha una grandissima abilità, perché crea secondo ciò che ha a disposizione, io m’innamoro degli strumenti. Per esempio, quando ho ascoltato Ian Anderson ho deciso di imparare a suonare il flauto traverso, appena ho ascoltato il clarinetto basso, ho deciso che dovevo assolutamente averne uno, appena ho sentito la zampogna, ho deciso di suonarla.

 

Hai fatto il conto di tutti gli strumenti che via via hai preso e imparato a suonare?


Teodoro – Ho qualche percussione, la chitarra, i synth analogici, il Korg MS-20, però, fondamentalmente, il mio settore è quello dei fiati, quindi flauto traverso, sax soprano e tenore, zampogna, ciaramella, clarinetto basso e, quando avrò i soldi per comprarlo, clarinetto contrabbasso.

 

Che tipo di formazione avete avuto e vi è stata utile?


Giorgio – La scuola ha insegnato qualcosa ma sono la volontà di scoprire cose nuove e gli incontri fortuiti che fanno allargare il raggio delle conoscenze e degli interessi. Per esempio, finché stavo a Grosseto ero abbastanza legato al rock, anche in forma molto sperimentale. Arrivato a Bologna, dove ho studiato all’accademia di belle arti, ho trovato un bellissimo contesto in cui l’approccio era più rivolto verso l’improvvisazione radicale, il rumore, la musica concreta.
Importante è stato anche il mio periodo Erasmus a Berlino. Lì mi sono trovato tanto bene da tornarci anche gli anni seguenti, ho tanti cari amici là. Dopo Berlino sono tornato a Bologna ma, con altri amici, ci siamo trasferiti in una villetta in montagna. Quello è stato uno dei periodi più fertili, musicalmente parlando.

 

Teodoro – Io ho studiato Architettura a Pescara e, dall’87 fino al 2005, ho lavorato come architetto vicino Bari. La cosa interessante è che durante questi 20 anni non ho suonato assolutamente più nulla, causa mancanza di tempo. Nel 2005 mi hanno chiamato dall’allora Provveditorato agli Studi di Bari comunicandomi che, avendo vinto un concorso del ’91 come insegnante di educazione tecnica nella scuola media, ero professore. Da allora ho messo sempre di più da parte la professione di architetto e mi sono dedicato a quella di insegnante, prima a Bari e poi, dopo il trasferimento, a Pescara.
Tornando alla formazione, mentre studiavo architettura ho fatto teatro e mi è servito moltissimo anche per la musica. Ho fatto stage con il Living Theatre, con Jerzy Grotowski, con la Comuna Baires, con compagnie che fanno teatro Butoh ed altri ..

 

Quando vi siete conosciuti?


Giorgio – Circa tre anni fa ad Arsita, vicino Castelli, in provincia di Teramo.

 

Teodoro – Ero lì a suonare con uno dei miei tanti gruppuscoli di musica etnica abruzzese in questa importante rassegna che si chiama Valfino al Canto, organizzata da Gianfranco Spitilli e Marco Magistrali. Ero stato invitato tramite Li Sandandonijrë di Penna Sant’Andrea.

 

Chi sono i sandandonijre?


Teodoro – Sono dei cantori e musicisti che mettono in scena una piccola rappresentazione teatrale-musicale portata casa per casa. In questa pantomima, Sant’Antonio è tentato in tutti i modi dal diavolo e con lui c’è sempre il porcello.

 

Giorgio – Fa parte dell’iconologia ufficiale ma, attenzione, non è Sant’Antonio da Padova, bensì Sant’Antonio Abate.

 

Teodoro – Tornando ad Arsita, stavo lì a suonare la mia ciaramella quando si è avvicinato questo strano tipo baffuto…

 

Giorgio – Stava suonando in strada e l’ho fermato.

 

Ti ha importunato?


Teodoro – Sì, mi ha “importunato”.

 

Giorgio – Ho notato che suonava pezzi tradizionali ma con un approccio da improvvisazione libera. A volte dava l’impressione che girasse intorno al tema in un certo modo, altre volte, invece, apriva ad altre cose. Ho pensato che il suo modo di suonare fosse interessante così, quando ha finito, ci ho fatto due chiacchiere.

 

Stavate già entrambi a Pescara?


Teodoro – All’epoca lavoravo a Bari e facevo il pendolare, i fine settimana stavo a Pescara.

 

Giorgio – Abitavo ancora a Sabbioni, in provincia di Bologna. A parte tre mesi in Portogallo, per due anni non ho avuto un posto fisso in cui stare, giravo. Poi, Valentina (ndr. la ragazza di Giorgio) ha preso casa vicino a Pescara, a Silvi e, sapendo che Teodoro era qui, l’ho chiamato per suonare insieme.

 

Teodoro – Portai dei sintetizzatori.

 

Giorgio – Pensava di fare cose moderne, invece mi sono presentato con una specie di micro mbira e dei tamburelli, cose tutte minuscole, suonini, e abbiamo fatto la nostra jam.

 

Lì avete capito che potevate mettere su un progetto?


Teodoro – In realtà dopo quella sera ci siamo persi di vista.

 

Giorgio – Valentina ha lasciato quella casa è andata ad Avezzano, così ogni tanto passavo in Abruzzo.

 

Teodoro – C’è stato qualche scambio di mail nel frattempo, e poi li ho rincontrati in bici, stavamo tutti e tre in bici, però loro andavano in un senso e io nell’altro, verso il carcere…

 

Perché stavi andando al carcere?


Teodoro – Insegno al carcere alla scuola serale, precisamente tecnologia alla scuola media. Quando ci siamo incontrati stavano cercando casa, che poi sarebbe questa in cui siamo ora. Tornando al nostro primo progetto, c’è di mezzo Piotr.

 

Giorgio – Ero già d’accordo con Piotr di fargli questa composizione, Antimonio, per la mostra.

 

Teodoro – Giorgio mi ha invitato all’inaugurazione della mostra dove ha eseguito la sua composizione e, da lì, è venuta l’idea di proporre a Piotr musiche che accompagnassero la visita guidata alla mostra, così come poi abbiamo fatto.

 

Questa è una storia bellissima, con voi che vi incontrare ad Arsita, poi vi perdete, poi vi rincontrate in bici, poi vi rivedete da Piotr e decidete di fare qualcosa insieme…


Teodoro – È vero, il caso guida sempre.

 

Quando poi ci siamo rivisti alla presentazione del catalogo della mostra di Piotr avete seguito un’altra composizione, come si chiamava?


Teodoro – Saturnie.

 

Giorgio – Tra le varie suggestioni che può creare, c’è anche il nome di questa cittadina, vicino a Grosseto, a cui era stato dato questo nome dai Romani perché pensavano che fosse la città più antica del mondo.

 

Teodoro – Gli strumenti che abbiamo utilizzato, infatti,  sono abbastanza primitivi.

 

Giorgio – Canne, bischeri, bambù, c’è questo tipo di atmosfera che richiama quella di Saturnia dove l’acqua sulfurea genera fumi e cascatelle.

 

Come si chiama quell’effetto che create, quello che praticamente trapana il cervello fino a ucciderti?


Teodoro – È un effetto fisico che si chiama battimento e si genera quando le onde sonore hanno delle differenze di frequenza fra loro.

 

Giorgio – Le onde devono trovarsi simmetricamente lontane, quindi, quando si trovano così (vedi foto esplicativa) creano quest’effetto.

 

Teodoro – È come se si creasse un altro suono fantasma dovuto al fatto che la percezione sensoriale oscilla, non sa qual è la vibrazione giusta.

 

Giorgio – Anche se non è la stessa cosa, è come l’effetto di certi bassi che senti dentro, è un effetto tattile, puoi sentire il suono direttamente sul corpo.

 

Questo fenomeno del battimento ha un uso specifico nella musica?


Teodoro – Tutti gli strumenti popolari hanno in nuce un effetto simile. Gli accordatori di organetti sanno che non devono fare un’accordatura temperata, perché se lo strumento è perfettamente accordato il suono è piatto, dà poche emozioni.

 

Tra i progetti che avete fatto in passato, c’è qualcuno cui siete legati in modo particolare?


Teodoro – Ci sono tante esperienze importanti: i Ratablò, con cui faccio musica popolare; i Magnetic Place, con Nicola Calamita, Giuseppe Savino, Gaetano Corallo e altri musicisti che fanno musica improvvisata. Giù a Bari sono stato in un gruppo di rumoristi simpaticissimi che si chiamano Lo Flopper, Edi Leo, Adele Di Nunzio e Pino Montecarlo. Poi, c’è GRA/D a cui tengo particolarmente, Gruppo di Ricerca Analogico Digitale, Luigi Pizzaleo, con la sua arpa a vetro, Luigi Di Giampietro e Vincenzo Grossi. Si tratta di un lavoro che è visuale e musicale, con musica realizzata dal vivo e video fatto con Processing. Abbiamo lavorato insieme due anni fa con un progetto su Galileo Galilei che abbiamo portato a Teramo, a Roma al Goethe Institut, al Conservatorio di Campobasso.

 

Giorgio – Alla fine mi sono piaciute tutte le cose che ho fatto con qualcun altro. Non mi piace lavorare da solo, piuttosto cerco collaborazioni. Ho lavorato più in studio, registrando e assemblando cose, da solo, dal vivo, suono poco, sono troppo esigente, non mi sembra necessario. Tra le ultime cose c’è con un musicista brasiliano che si chiama Blu, in realtà si chiama Rafael Simon Wasem, loro hanno questi soprannomi che diventano ufficiali. È un progetto ancora aperto, l’ultima volta abbiamo fatto un piccolo tour nella Repubblica Ceca in gennaio. Ci siamo conosciuti in Portogallo, ora invece vive in Thailandia dopo essere passato per la Malesia e, prima ancora, la Turchia. Non sarà così facile riconnettersi un’altra volta, però mi ha proposto di andare a registrare il nuovo disco nelle Filippine. Abbiamo questo approccio totale, fuori da qualsiasi convenzione e genere. In Repubblica Ceca, per esempio, abbiamo suonato collegando all’amplificazione una padella, messa su un fuoco elettrico, con dentro i popcorn. A un certo punto, finito il concerto, volavano popcorn da tutte le parti. A volte abbiamo suonato solo con oggetti e microfoni, altre abbiamo fatto pezzi soltanto con drum-machine e pianoforte, ma abbiamo fatto anche una bellissima cover di Michel Jackson.
Un’altra cosa per me importante è Alberorovesciato, forse il progetto più mitico che abbia fatto insieme ad altri due musicisti, Francesco Cavaliere e Marco Lampis. Ci conoscevamo già a Bologna ma poi si sono trasferiti a Berlino e da lì mi hanno coinvolto in questo progetto folle. Abbiamo passato tre mesi di preparazione superdeliranti, completamente intrippati in questo progetto, tant’è che parlavamo una lingua tutta nostra, eravamo diventati un caso socio-urbano. Partiamo per questo tour epico con una macchina, battezzata Parafrasi, che sono andato a comprare alla frontiera con la Polonia per 130 euro. Il bello è che nessuno di noi tre ha la patente per cui abbiamo trovato il driver tipo tre giorni prima dell’inizio. È stato un tour assurdo, penso che ancora ci ricordino in tutte le parti in cui siamo passati, poi tra l’altro è finito anche un po’ male perché ci sono stati casini, diverbi, litigi e il gruppo è andato verso la dissoluzione, almeno come trio.

 

Nella migliore tradizione delle band…


Giorgio – Abbiamo concentrato tutta la storia di una band nel giro di 5-6 mesi.

 

Teodoro – Come Leningrad Cowboys Go America, avete mai visto il film?

 

Giorgio – Solo che noi suonavamo distesi su un tappeto con percussioni di tutti i tipi e due tastiere, tipo vecchie Casio-Bontempi, effettate con un’eco a nastro. Suonavamo le percussioni levandocele di mano e tirandocele addosso. A Bologna è stato un concerto incredibile, con noi che gettavamo gli strumenti sul pubblico e il pubblico che ce li rigettava addosso.

 

Decisamente “interattivo”.


Giorgio – Campanelle negli stinchi della gente…

 

Quando dovete comporre dove cercate ispirazione? Avete una tecnica, un processo, un sistema…


Teodoro – Per quanto mi riguarda, parto direttamente dallo strumento che uso, è una cosa molto materiale che deriva dal fatto che gli strumenti sono legati al mio respiro. È una cosa veramente molto fisica alla cui base ci sono microvariazioni, come nella tradizione della musica popolare.

 

Giorgio – C’è un testo molto interessante di Derek Bailey sull’improvvisazione che dimostra come l’improvvisazione non sia una cosa così moderna, ma che una volta era addirittura la norma anche all’interno di quella che adesso è chiamata musica classica, ma che ai tempi era musica e basta.

 

Teodoro – In realtà tra i generi c’è sempre stato un continuo travaso, di là di qualsiasi etichetta o categoria. Per dire, in Puglia, la bassa banda, quella che va avanti nelle processioni ed è composta sempre da flautino, rullante e grancassa, ha un repertorio che oscilla da Orietta Berti alle arie d’opera. Lo stesso Händel quando va in Campania scopre la zampogna e la inserisce nelle sue composizioni.

 

Giorgio – Per me è completamente diverso perché, essendo a-strumentista, non sono solito partire dallo strumento ma da un’idea, da un concetto. Addirittura in alcuni casi cerco di partire da una narrazione, un racconto. Usando suoni molto concreti, in cui la componente melodica è decisamente povera, la narrazione diventa una specie di cinema per le orecchie. Questa è una componente, quella sovrastrutturale, poi c’è quella microstrutturale rappresentata dai vari pezzi che poi vanno a comporre l’insieme.

 

Arriviamo alla parte dell’intervista denominata “alla Dariabignardi”. Ora mi trovo in difficoltà perché c’è un nostro amico blogger, Salvatore, che si incavola come un ape assassina quando sente queste domande, perché dice che non centrano niente con l’intervista e suonano fuori luogo. Ora devo riformularle per non incorrere nei suo rimproveri. Così, invece di chiedere di consigliarci un sito web vi chiedo: qual è l’ultima pagina che avete salvato nella barra dei preferiti?


Giorgio – E che cambia?

 

Non ti ci mettere anche tu, non fare domande e rispondi.

Giorgio – Awesome Tapes from Africa. È un blog creato da un ragazzo americano che ha fatto delle ricerche in Africa pensando di trovare delle cose e, invece, ne ha trovate delle altre ed è rimasto completamente sorpreso da quella che era la realtà musicale. Così ha cominciato a fare questo blog dove raccoglie tutte le cassette che trova oppure che gli mandano. È anche venuto a mettere le cassette, non i dischi, a Pescara. Siti del genere sono comunque tra i miei preferiti, un altro è Sahel sounds. Poi, per me è importante il sito di Battiti, la trasmissione di radio3, perché si possono riascoltare i podcast, e anche Rai Replay per vedere i film di Fuoriorario, Giap di Wu Ming, etc..

 

Teodoro – Faccio le mie ricerche musicali sempre su Youtube, i nomi li trovo in tanti modi, spesso su Facebook. L’ultima cosa che ho condiviso, è un’opera musicale visiva meravigliosa, una danzatrice che non si vede, è tutta ricomposta con una cosa tipo sabbiosa, sembra danza Butoh. Poi, per essere onesto, perdo un sacco di tempo sui siti tecnici perché, anche se non uso il computer per la musica, ho la fissa per i software musicali.

 

La rivista che avete comprato ma non avete ancora aperto?


Teodoro – Internazionale

 

Giorgio – Compro le riviste rarissimamente e solo quando proprio mi interessano. In ogni caso si tratta quasi esclusivamente di The Wire.

 

Il libro che avete sul comodino?


Teodoro – L’apprendistato di Duddy Kravitz di Mordecai Richler ( in generale Richler mi piace tantissimo).

 

Giorgio – Giorgio Manganelli, Tragedie da leggere.

 

E in assoluto, il vostro libro preferito? (Salvatore non ti arrabbiare)


Teodoro – La creazione di Gore Vidal, Joyce, L’uomo che ride di Victor Hugo, poi Gadda, La cognizione del dolore, anzi direi tutto di Gadda…

 

Giorgio – Ce ne sono tantissimi ma potrei dirti I canti orfici di Dino Campana; poi c’è una cosa che mi ha spinto a creare una composizione, e mi piacerebbe che in molti conoscessero, ed è Grande Sertão di João Guimarães Rosa, grandissimo scrittore brasiliano, di cui mi è piaciuto tantissimo anche Mio zio il giaguaro, praticamente il linguaggio cambia sempre in funzione dei personaggi e della loro lingua.

 

Il programma tv che odiate?


Giorgio – Quasi tutto.

 

Teodoro – A casa mia la televisione è spenta, mia moglie si vede la BBC sull’Ipad, mio figlio si scarica TopGear, mia figlia vive davanti al computer…

 

Che bel quadretto di vita familiare… una vera famiglia postmoderna.


Teodoro – Da tempo ho chiesto il suggellamento della tv come da legge, e sto aspettando il finanziere che venga a incappucciare la tv.

 

Incappucciare la tv, cos’è come per i condannati a morte?


Teodoro – La legge, vecchissima, che prevede il canone televisivo, fa riferimento al possesso del televisore, quindi chi ha un televisore deve pagare il canone, se uno non vuole più possederlo deve, tramite raccomandate su raccomandate, chiedere il suggellamento dell’apparecchio. Si pagano 5 euro e si aspetta che venga un finanziere a mettere un sacco sul televisore e lo sigilli. Io sto aspettando da 10 anni che venga questo finanziere… comunque sono pronto.

 

Cinema?


Giorgio – Molto cinema brasiliano, Julio Bressane, Béla Tarr, regista ungherese, Carmelo Bene, le cose filmate sono molto belle.

 

Teodoro – Premesso che non vado al cinema da anni, direi Kaurismaki, Il Mahabharata di Peter Brook,  Jan Svankmajer

 

Città in cui vivreste?


Giorgio – In fascia tropicale.

 

Teodoro – In fascia mitteleuropea, da Trieste in su.

 

Musica, l’ultima cosa ascoltata e condivisa.


Giorgio – Colin Stetson, ma ogni mese scopro sempre qualcosa che mi piace. Se dovessi comunicare con gli alieni e volessi far capire loro attraverso la musica quante cose belle può fare l’umanità, direi John Coltrane.

 

Teodoro – Io sono per John Zorn in qualsiasi salsa e comunque.

 

Giorgio – E quelli ti direbbero: “Che centra Zorn? Lui è dei nostri…”

 

Quali sono le qualità che servono per il vostro lavoro?


Giorgio – Secondo me si può fare con tante qualità, ma quella che ritengo importante è la freschezza mentale, questa cosa che ti permette di aprirti a nuove ricerche, a nuove strade, nuovi concetti, ti rende capace di dinamicità, di andare a scoprire cose.

 

Teodoro – Mi ha anticipato perfettamente, è questo approccio in cui è fondamentale l’umiltà.

 

Giorgio – Si può anche non essere modesti ma si deve essere umili per essere aperti.

 

 

Invece una qualità che vi manca e su cui vorreste lavorare?


Giorgio – Per me è l’impegno, sono pigro a livelli incredibili. Ho bisogno di vivere in un ambiente stimolante altrimenti mi abbrutisco, mi limito, e non mi piace. Se non c’è un contesto che mi risponde abbasso l’intensità, e questo per sottolineare che a Pescara manca questa intensità.

 

Teodoro – Per me è cercare di diminuire il rumore di fondo. Quando facevo l’architetto sgomberavo la scrivania e facevo una cosa alla volta. Ora, invece, voglio fare tantissime cose contemporaneamente e si finisce che non concludo mai niente. Mi perdo in stupidaggini tecnologiche, in cose che mi interessano ma che mi fanno perdere un sacco di tempo. Adesso non posso più sgomberare la scrivania, perché la scrivania è dappertutto.

 

Cosa vi piacerebbe trovare nel vostro futuro?


Teodoro – Vorrei un clarinetto contrabbasso.

 

Giorgio – Vorrei avere un po’ più di continuità, perché spesso ci sono stati periodi in cui non ho fatto le cose perché non avevo soldi, adesso, invece, sto facendo pochissimo perché sto lavorando molto e non ho tempo libero. Si ritorna al discorso della città, ho bisogno di essere in un posto in cui, quando ho del tempo libero, devo subito fare qualcosa che mi interessa.

 

Invece una preoccupazione?


Teodoro – Per me è sempre il lavoro, perché il settore in cui lavoro, l’istruzione, è in continua trasformazione. Come architetto, invece, non c’è più spazio.

 

Giorgio – Espanderei il problema del lavoro perché è collegato a come è strutturata la società, il vero problema. C’è la vita, la sofferenza, la malattia, è per tutti la stessa cosa, però la struttura sociale può essere cambiata, e dovrebbe essere cambiata se alla maggior parte delle persone non va bene. Il problema del lavoro, delle persone che si approfittano delle situazioni di svantaggio degli altri, sono solo aspetti, seppur centrali, di una struttura sociale che non funziona.

 

Fateci il nome di persone che vorreste farci conoscere.


Giorgio – Partirei da Blu, anche se non so dov’è ora e che fa. Una persona a Pescara che vale la pena di conoscere è Paolo Visci, uno che, al di là del ruolo sociale che svolge, ha in effetti  veramente a cuore la situazione culturale di questa città, e persone che avvertono questo problema così tanto non ne ho conosciute. Poi, potrei dirti mia nonna, che da giovane è partita dalla Sicilia senza saper né leggere né scrivere, sposata, risposata, cambiato lavoro 3-4 volte, ha imparato a usare il cellulare prima della calcolatrice e ha un approccio alla vita molto bello.

 

Teodoro – Vi potrei dire Luigi Pizzaleo, compositore che ha lavorato al conservatorio dell’Aquila e ora sta a Rieti. È molto attivo con un’associazione che si chiama Nume (Nuova Musica per l’educazione), si occupa di seminari, corsi, ha vinto diversi premi, è molto interessante per le sue ricerche, progetta insieme a scultori macchine sonore, sperimenta interazioni tra computer, Processing e altri software. L’altro è Vincenzo Grossi, sta qui a Pescara, vive nella sua mansarda  attaccato al suo pc, ma è un vero vulcano in eruzione.

 

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285 thoughts on “Giorgio Mega e Teodoro Pace

  1. peccato che non l’abbiamo registrata ma ascoltando l’improvvisazione del video potete immaginare com’era “tanti auguri a te”.

  2. Cari Giorgio e Teodoro,
    perché avete risposto a quelle domande terribili?

    Caro REM,
    perché rovinare questi dialoghi?
    Avevi un finale perfetto.
    Teodoro che non riesce a contenere le sue pulsioni da strumentista trovando suoni ovunque e Giorgio ossessionato dalla narrazione di un brano ‘musicale’.

    Due temi che gli architetti dovrebbero tenere in mente: gli strumenti e la narrazione.

    Saluto Giorgio, Teodoro gli AST tranne REM,
    Salvatore D’Agostino

    1. e lo sapevo…
      Salvatò non fare così, non t’arrabbiare, non fare l’ape assassina, il calabrone furioso, il vespone incavolato, concedimi queste domande, dai…
      come avrei fatto, sennò, a scoprire quel capolavoro che è L’uomo che ride? Oggi non starei lì a leggerlo avidamente la sera prima di andare a dormire. Magari qualcun altro avrà scoperto qualcosa di nuovo tra siti, libri e musica, qualcosa che non conosceva e che ora è diventato imprescindibile e importante.
      Dai, la prossima volta farò come si fa con le trame dei film, metterò una bella scritta [ATTENZIONE: DA QUESTO PUNTO IN POI DOMANDE ALLABIGNARDI!] così ti fermi prima, non vai avanti e non ti arrabbi.
      dai salvatore, su :-)

      1. Rem,
        no, no la prossima volta fai (non è un ordine) così, dividi l’intervista in due:
        nella prima metti l’occhiello (va benissimo l’ironia dell’introduzione), l’incontro e un album delle immagini sfogliabili con un’unica schermata (non impilare le foto, dai!) e alla fine un PS o un NB per le domande allabignardi vai qui;
        nella seconda le domande allabignardi nude e crude senza immagini.

        Fammi sapere perché mi devo regolare per i saluti finali,
        Salvatore D’Agostino

        1. ma sei incontentabile!, adesso non ti vanno bene nemmeno le foto impilate… forse faccio prima a creare una terza versione, italiana, inglese e xsalvatore, anzi, dovremmo trovare una piattaforma di pubblicazione che ogni utente possa personalizzare a piacimento, così mi libero dal voler accontentare i nostri pochissimi lettori (in pratica solo tu, salvatore).
          Vai pure coi saluti finali
          ciao :-)

            1. “fanfaluche”?!?
              Solo per aver rispolverato questo termine perdono tutta la tua cocciutaggine editorialista.
              La traduzione di questa, come delle altre interviste è fatta da Massimiliano.
              Strumenti e narrazione, bel tema da affrontare, devo ammettere che però agli architetti manca la gioiosa e libera euforia musicale dei nostri amici.

              1. Che gran lavoro.
                La “gioiosa e libera euforia” agli architetti manca perché sono avvocati del diavolo come diceva Tafuri.
                L’architettura, ahimè, non è arte.
                Va bene, saluto anche rem,
                Salvatore D’Agostino

                  1. Mmm…. e se si provasse un’altra strada?
                    Niente domande scritte ma solo le risposte a mo’ di elenco, tipo:
                    Tizio Caio ama:
                    – Serse di G.F. Handel;
                    – L’uomo che ride di V. Hugo;
                    – ………. ecc.
                    vorrebbe:
                    – un clarinetto contrabbasso;
                    – ecc. ecc.
                    Curando il tutto in una forma che l’abilità ed ironia di REM sicuramente renderebbe apprezzabile ed al riparo da altre obiezioni.
                    Saluto e ringrazio tutti di cuore.
                    A presto.

                    1. ciao Teo,
                      l’idea mi piace!
                      Però, scusa, quando sarà la prossima volta che ci farete sentire qualcosa? sono in vista nuove performance individuali o di gruppo?

                  2. Boh, REM sotto il tuo ultimo commento non appare il “Replica” di prassi e sono costretto a risponderti qui.
                    Comunque, premesso che per me (e credo anche per Giorgio) potremmo commentare anche le tue lezioni universitarie :)) e che quindi ogni occasione è buona, al momento non ci sono appuntamenti “sonori” in vista.
                    Stiamo comunque preparandoci ad altre sperimentazioni con iPad ed ammennicoli vari, stay tuned!

                    1. sotto il commento non appare il replica perché abbiamo messo un limite massimo ai commenti nidificati. Praticamente se non metti un limite ti ritrovi a scrivere in colonne di una lettera soltanto. L’abbiamo anche provato, divertente, ma illeggibile.
                      Sarebbe bello fare qualcosa insieme, penso soprattutto alla capacità di improvvisare e all’idea delle microvariazioni a partire da una base.
                      Da quello che dici, quindi, state preparando un concerto per zampogna e Ipad? Fico!

                    2. Ho intuito fosse per quel motivo :)
                      Si, potremmo studiare qualcosa insieme, bisogna pensarci.
                      Purtroppo la zampogna è strumento fortemente autarchico che difficilmente permette commistioni. Sopporta ciaramelle ed altri strumenti acustici e basta.
                      In passato ho provato con delay, echi ed altri effetti sintetizzati, ma mi sono reso subito conto che è molto meglio al naturale e con poco reverbero. Il fatto è che è completa così, non ci serve nulla.
                      Arduo concepire qualcosa di originale.
                      Un mio amico fa parte di un gruppo di zampognari che stanno arrangiando pezzi rock per questi strumenti con ottimi risultati, tuttavia anche in questo caso si tratta di un ensemble di strumenti analoghi ed ampiamente sperimentati.
                      Chi ci riesce ad infilare una zampogna in un contesto eterogeneo è bravo.
                      Penso avrai presto mie notizie via mail privata, sia per queste cose serie che per altre più frivole legate alla nostra professione :)

  3. una cover-band di zampognari?!?! la realtà supera qualsiasi fantasia…
    Caro Teodoro, la nostra produttività è ai minimi storici causa tempo passato a vedere e rivedere le animazioni di Jan Svankmaier. Dovremmo organizzare un cineforum.
    Aspetto tue nuove.
    ciao

  4. io voglio suonare la ciaramella…
    o la mbira…
    almeno un paio di bischeri…
    ma che nomi meravigliosi hanno gli strumenti musicali?
    (Salvatore dài lascia che Rem faccia le domande sceme perché c’e’ a chi ci piacciono assai, e si scoprono sempre delle cose fantastiche!!!)

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