Crowin’Hill

    Iniziamo da Saul. Iniziamo col dire che non passa di certo inosservato. La prima volta che ci siamo incontrati è stato quando siamo andati a conoscere Antonio della Bottega dei Mestieri. Non sono sicuro di tutti i dettagli ma ricordo questo vichingo biondo con capelli lunghissimi, occhiali vintage enormi, tutto vestito di pelle nera e con indosso un paio di vecchi stivali texani con la punta lunghissima. A coprire il tutto, un ampio cappotto di pelle con risvolti di pelliccia. Forse non era esattamente pelliccia, ma ci siamo capiti.
    Ci contatta dopo circa un anno per sapere se volevamo andare a trovarli a Crowin Hill, un centro culturale e artistico molto attivo negli anni passati e ora in procinto di essere lasciato per tornare nelle mani dei vecchi proprietari.
    Non ci siamo fatti ripetere l’offerta e abbiamo raggiunto questo casolare che si vede mentre si percorre la strada provinciale parallela al fiume Tavo e appare schiacciato tra una collina coltivata a ulivi e dei campi agricoli intensivi.
    Il casolare è una lunga costruzione a un piano con tetto a falde e intorno ci sono altre piccole rimesse oramai in cattivo stato.
    Tra l’erba si intravedono strane sculture e opere che fanno sembrare il posto un campo di Mutoid. Ad accoglierci ci sono Saul, la sorella Francesca e Carlo. L’atmosfera è molto piacevole e rilassata, Saul e gli altri ci offrono una calda ospitalità. Chiacchieriamo per ore bevendo vino e mangiando bruschette mentre le tante storie che ci raccontano ci fanno immaginare i personaggi, i concerti e le mostre che nel tempo hanno animato questo luogo.

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    Raccontaci come è nata l’idea di venire qui, perché e con chi è iniziato questo progetto.

    Più che di un progetto, parlerei di un’avventura iniziata nel ’99. All’inizio eravamo in cinque, volevamo mettere su una band rock&roll e cercavamo un posto in cui vivere e suonare. A un certo punto ci siamo ritrovati a firmare un contratto con un’agenzia di booking e di colpo, da zero, avevamo 30 date in club importanti da fare in Italia e l’esigenza di avere un posto in cui fare le prove è diventata impellente. È stato allora che è uscita fuori questa casa anche se era già abitata da una famiglia e abbiamo dovuto aspettare un mese e mezzo prima di poter entrare. Prima abbiamo realizzato lo studio di registrazione e poi siamo venuti ad abitare.

    Quanti eravate? E come si chiamava il gruppo?

    Warm Morning 616. Io e Max alle chitarre, Nua (Jester at Work) voce, chitarra e armonica, Tosh al basso e Mr.Sky alla batteria. I miei fratelli. È stata l’esperienza più formativa della mia vita, con tutto che era piena di eccessi…

    Che età avevate?

    Avevamo 22 anni. Immagina cosa significa far vivere cinque soggetti di 22 anni da soli, qui… Però siamo stati bravi: siamo riusciti a scampare tutti i pericoli, gente brutta, cose brutte che si possono incontrare.

    Col tempo siamo riusciti a fare quattro dischi, di cui il più importante però non è mai uscito, è rimasto in bobina. Siamo riusciti a lavorare con delle attrezzature spaziali che un po’ tutti i vecchi musicisti pescaresi hanno portato qui, registratori a bobina degli anni ’70, compressori a valvole, cose di questo genere… e abbiamo fatto un grande lavoro che, purtroppo come succede a volte, è “svampato”…
    Il primo sfratto è coinciso con il blocco dell’ultimo disco e questo ha portato come conseguenza la fine della casa e della band.

    Che musica facevate?

    Rock&Roll, di stampo ’70.
    Continuando il racconto, da quel momento la casa è stata vuota per i successivi tre anni. I miei compari hanno preso ognuno la propria strada: c’è chi è andato a lavorare in fabbrica, chi è andato disperso, chi ha messo su famiglia…
    Questo succedeva nel 2003. È stata la chiusura della prima fase, del primo progetto.
    Allora ho deciso di andare a Berlino, con un furgone carico di attrezzature e di robe e, nel tragitto, mi sono fermato a Bologna da un mio carissimo amico, Andrea del Maze che, in quel periodo, si occupava della direzione artistica del giovedì del Link a Bologna. Appena sono arrivato anche lui ha avuto uno sfratto, ci siamo ritrovati praticamente “compagni di sfratto”. Abbiamo preso una casa insieme e, da un giorno all’altro, mi sono ritrovato a vivere per tre anni e mezzo a Bologna coinvolto in settemila progetti.

    Progetti sempre nell’ambito musicale?

    Ambito musicale e video.
    Mi sono ritrovato a vivere in un capannone industriale nella periferia bolognese. C’era questa specie di mecenate che ci ha affidato questo posto incredibile in cui abbiamo costruito uno studio di registrazione e una sala pose.
    E poi… vabbé… storiaccia… l’unica volta che lascio Bologna per più di una settimana ci hanno rubato tutto. Ho perso tutto il lavoro che avevo fatto nel giro di sei mesi. Ero ormai senza soldi, senza energia, ho venduto gli strumenti e ho tirato a campare. Nel giro di poco sono riuscito a inventarmi un lavoro, non so manco bene come siano andate poi veramente le cose… ho chiuso tutto ed è finito un altro ciclo.
    Sono andato proprio giù di morale e mi sono trovato a tornare qui. È stato brutto perché per la prima volta da quando avevo vent’anni sono tornato a vivere a casa di mamma e papà. Ho vissuto sul divano, nonostante avessi un intero piano di casa solo per me… però mi sentivo “appoggiato” temporaneamente con le mie valige e le mie storie. È stato allora che ho capito cos’è l’ansia da depressione. Fino ad allora non sapevo cos’era, avevo vissuto una vita di eccessi ma felice. Stavo male e, per tirarmi su, ogni tanto me ne venivo qui.

    Potevate tornarci anche se avevate avuto lo sfratto?

    Avevo le chiavi e la casa non era stata né affittata né venduta né niente. Passavo i miei pomeriggi qua. E poi un giorno ho chiamato i proprietari e loro felicissimi di ‘sta storia… hanno detto “ma bello, ma torna, tranquillo! Facciamo subito un foglio di carta, per me puoi entrare pure domani.” Sono tornato qui ed è iniziata subito un’altra storia!

    In che modo è ri-iniziato? Non avevate smontato tutto?

    Lo studio ha avuto due restyling: prima era praticamente il doppio di quello che vedete ora, cioè regia e sala riprese. Quando sono tornato, con altri due ragazzi, Dirty Dave e Markey Star, che non c’entravano niente con la storia precedente, abbiamo rimesso in piedi lo studio, abbiamo fatto i lavori che vedete adesso in legno, e abbiamo messo in piedi un’associazione culturale. Abbiamo lavorato da maggio 2006 e poi per tutta la stagione.

    È stato allora che vi siete aperti anche ad altre esperienze artistiche oltre a quelle musicali? Le cose che vediamo qui intorno sono i frutti di tutti quegli anni?

    No in realtà sono i frutti degli ultimi due anni, ma in realtà è poca roba perché molte cose sono già andate via. C’è stato un momento in cui la casa era veramente piena di roba, opere e attrezzi, feticci di ogni genere,sia dentro che fuori.
    Quella è stata la prima esperienza di associazione culturale, fatta nella perfetta ignoranza, che però ha funzionato. Facevamo degli incontri sia pomeridiani che serali, sia nel giardino che nella casa. La parola workshop non sapevamo manco cos’era. Anche la parola couchsurfing non sapevamo cosa significava, ma succedeva… Da qui sono passate persone provenienti dal Burundi, dalla Corea, dall’Estonia. Qui dentro hanno vissuto due messicani, tutto in maniera spontanea. Non so perché e come cavolo arrivavano, ma succedeva!

    Della serie, toc-toc: “Salve, veniamo dal Burundi…”

    Eh sì… spesso è successo tramite passaparola, “amici di amici”, amici che magari erano andati a dei festival in giro per l’Europa e lasciavano questo contatto. Ha funzionato in maniera spontanea, mentre tutte le volte che abbiamo provato a organizzare, a metterci un po’ di testa, ci siamo complicati la vita…

    Avete organizzato anche festival?

    All’inizio abbiamo organizzato dei festival musicali che, secondo la scaletta dovevano durare tre giorni e poi sono andati avanti per un mese!
    È successo che persone che dalla Germania erano qui in giro, sono venuti a una festa e poi sono rimasti un anno e mezzo. Ricordo una ragazza, Meike, che stava facendo l’Erasmus in Architettura e viveva in un furgone a Pescara e poi si è fermata qui. Sono passati parecchi personaggi, io non li ricordo tutti…

    Ma ti è mai capitato di svegliarti la mattina e dire “ma tu chi cazzo sei?!?”

    M’è capitato spesso… anche a letto m’è capitato… ma non per questioni di sesso, eh… te lo dico!!!
    C’è stato un momento a fine 2003 in cui la band aveva una crew… tutta una serie di pischellotti di 16-17 anni che ci seguiva nei concerti, montavano il palco, caricavano, scaricavano… ma erano sempre di più perché ognuno si portava appresso qualcuno, saranno stati una ventina di questi personaggi, ragazzi e ragazze. Mi ricordo che la domenica, dopo i concerti, mi sentivo sempre più pressato a letto… la sera andavo a dormire da solo e la mattina mi svegliavo con i Led Zeppelin a palla, patatine, birre e canne sul letto… Per fortuna, per come sono andate le cose, siamo stati comunque fortunati, non sono mai successi casini, è andato sempre tutto liscio. Pensa che soltanto l’anno scorso ci sono state storie di microfoni rubati. In 13 anni nessuno ha mai rubato manco un tappo… niente.

    Il cuore di questa casa da chi era formato?

    Ioe tutta la band, Dirty Dave&The Dirty Crew, poi è arrivata Francesca, mia sorella, e Carlo. Poi c’era Gregorio, anche lui musicista, che suona in giro per l’Europa e adesso vive in Germania. Molte persone hanno contribuito con un pezzettino di cuore, fino agli ultimi giorni, persone nuove hanno dato respiro e vita a Crowin, compresi animali e tanti bambini.

    Avevate in mente l’idea di una “comune” o è successo per caso?

    No, no… anzi! Ad oggi non credo che la comune possa funzionare. Il villaggio può funzionare, ma lo spazio abitativo in comune non funziona. Quando si è più di quattro persone che vivono insieme, superati dieci giorni, diventa ingestibile. Sono le cose che succedono in una casa di universitari: i piatti da lavare, le bollette da pagare… le cose pratiche della vita.

    Qual è stato l’ultimo progetto che avete fatto tutti insieme?

    L’ultimo progetto è stato l’associazione RESET con cui, tra le altre cose, abbiamo realizzato il secondo Metasimposiod’arte ad Arsita. Abbiamo portato quasi un centinaio di persone ad Arsita, in montagna, a fare tre giorni di arte senza l’uso di elettricità e di strumenti elettrici. Ci siamo incontrati come per una scampagnata, ognuno con del cibo, il proprio strumento e la propria storia. Stop. Poi tutto è stato in divenire, senza nessun canovaccio, o appuntamenti.
    Siamo stati ospitati da uno dei membri di RESET, che era il vecchio della situazione, una persona di 55 anni che tempo fa ha comprato un mulino in un terreno di 3 ettari di bosco col fiume, un posto davvero stupendo. Nato e vissuto a Pescara, un giorno ha avuto la possibilità con pochi spicci di comprare questo posto e si è ritirato lì. È una persona che, magari in pieno inverno, se ne va sulla Majella senza nemmeno portarsi l’acqua, senza niente, e riesce a sopravvivere. Pensa, una sera è arrivato a casa da noi col furgone e con una boccia di vino e da quel giorno ci siamo frequentati spesso. Ci ha ospitato, ci ha fatto trovare il bosco pulito e ci siamo ritrovati a vivere una settimana insieme. Abbiamo fatto opere di land art che sono rimaste lì.

    Come si chiama?

    Marco Bevilacqua, una persona super-illuminata!
    Lui, tuttora, appena sente che c’è qualcosa di forte, prende e parte. Qundo c’è stato a Roma “Occupy San Giovanni” lui ha preso il furgone, s’è caricato strumenti, viveri del suo orto, ha preso ed è andato con tende e sacchi a pelo per tutti… ed è tornato delusissimo.

    Vedo che fuori c’è un orto. Il fatto di vivere in campagna vi ha permesso di provare forme di autosostentamento?

    In realtà no, non abbiamo fatto noi l’orto. Nel corso degli anni abbiamo avuto la fortuna di conoscere persone che gestiscono degli orti. Sono loro che, a livello di baratto o solo così per piacere, ci hanno sempre fornito cose buone. L’orto era stato messo su da Lorenzo Capisciotti, uno della tribù: va in giro con la bicicletta e la sua zappa e, appena c’è la possibilità, crea un orto con due piantine. Lorenzo è arrivato con la sua zappa antica e, in un giorno e mezzo, ha rimesso in piedi l’orto. Dopo due giorni i contadini che gestiscono i campi qui intorno ci sono passati sopra con il trattore. Questo è il tipo di atteggiamento che hanno…

    Visto che adesso dovete lasciare questo spazio, quali sono i progetti futuri?

    Progetti futuri sono, per quanto mi riguarda, the road… la strada!
    Spero di riuscire a “svoltare” un camper. Comunque le due basi, Berlino e Essaouira in Marocco, ci sono e sono consolidate, quindi sicuramente non sarò un senzatetto… Però… ho sempre fatto questa vita sapendo che qualsiasi cosa succedeva, ovunque mi trovavo, potevo tornare qui… anche solo per il piacere di prendermi tre mesi per registrare, o per sviluppare la mia collezione di illustrazioni, o per incontrare gli amici e sviluppare nuovi progetti. Adesso questo posto non ci sarà più, e quindi è una grande incognita… non so adesso cosa accadrà in futuro.

    Scusa, questa cosa delle illustrazioni mi era sfuggita… Oltre alla musica ti occupi anche di grafica?

    Diciamo che se potessi seguire questa attività potrei dire di essere un illustratore… Con il nome di ZZGLAM faccio le mie collezioni, le mie mostre, vendo i miei pezzi… Quando sono andato a Berlino ho portato le mie cose e, tempo due giorni, ero già immerso in esposizioni, vendita… ero a tutti gli effetti un illustratore. Però è stata una parentesi perché appena sono andato via mi sono ritrovato a fare altre 1700 cose e, tuttora, non riesco a portare avanti il progetto della grafica.

    In tutto questo sei autodidatta o hai avuto una formazione istituzionale?

    Formazione istituzionale, no. Però non posso dire di essere totalmente autodidatta, perché ho avuto i miei maestri, sia nell’illustrazione, sia nella musica. Io in strada ho imparato tutto, specialmente per quanto riguarda la musica. C’è un nostro carissimo amico, Alessandro, che vive nelle campagne qui dove si è fermato dieci anni fa. Con lui facciamo questo tipo di scambio: io lo introduco alle tecnologie, a internet, eccetera eccetera, e lui mi insegna la musica gitana e la bossa nova. Stessa cosa vale per la grafica e il video. Ho anche una casa di produzione video con un socio romano che ora è a Berlino ma anche questo progetto non lo riesco a seguire. Si chiama CrimenProduction, abbiamo 6-7 videoclip all’attivo.

    Hai un sito in cui raccogli tutte queste cose?

    Ho un sito dedicato alla fotografia, uno all’illustrazione, e così via…

    Per tornare alle nostre domande… c’è in questa milionata di cose che hai fatto una cosa a cui tieni di più?

    La musica. Che è quella più eterna…

    Ma un singolo progetto specifico, tipo un disco…?

    Il primo… il disco che non è mai uscito… perché so che non lo posso rifare più, perché non ho più 23 anni, perché pure se mi dovessi ritrovare, come mi sono ritrovato più volte, in uno studio con registratori a bobine e strumenti pazzeschi, non ci sarebbe più quell’incoscienza, quel non sapere nulla, manco gli accordi che stavi a suonare. Ho una cassetta che sono riuscito a recuperare dopo dieci anni, che tra l’altro ho riascoltato col mio vecchio batterista quindici giorni fa, e questa cassetta suona! Dico: “Cazzo! avevamo fatto un buon lavoro!!!”

    Quando hai bisogno di ispirazione, o semplicemente di rilassarti, che cosa fai?

    Vengo qui. Quando, poi, non ce la faccio più a stare qui, cerco posti isolati come il Nord Africa, la Tunisia, il Marocco… È il posto migliore che ho trovato in cui poter fare una vita principalmente sana: tutto quello che mangi è sano, le persone sono persone sane, c’è una cultura per fortuna ancora tribale che mi appartiene. Lì mi ricarico, il Sahara mi ricarica. Sento il silenzio assoluto e mi trovo in un posto metafisico…
    Quei luoghi, poi, una volta che li conosci, li puoi trovare altrove. Li puoi anche trovare al fiume tranquillamente, non devi andare per forza nel Sahara, certo. Però, come dire, hai bisogno per la prima volta di provare quella sorta di vuoto e di silenzio assoluto per cominciare a sentirti veramente. In realtà sei pieno di tante cose, anche tanti impicci, tante amarezze, tanti progetti, e ti rendi conto che tutte queste cose non possono procedere contemporaneamente e devi scegliere una cosa.
    Quando riesci un attimo a svuotarti, cominci a sentire di più determinate cose, vai dove ti porta l’istinto, dove ti porta il cuore…

    Per conoscerti meglio… ci sono siti a cui fai riferimento generalmente, per informarti, per studiare, apprendere, o anche semplicemente per divertirti?

    Principalmente ho iniziato a seguire PICAME, non so se la conoscete, è una eZine italo/spagnola. In realtà adesso ho il vuoto totale, cioè, sul web surfo abbastanza, principalmente blog, non i social.

    Riviste?

    Col cartaceo ho smesso, però, per dirti, a livello musicale, anche per lavoro, perché comunque ho lavorato per una etichetta, seguivo tutte le testate musicali che c’erano al tempo…
    Sono onnivoro per quanto riguarda le riviste, posso andare da Domus a Glamour, non m’interessa… a volte vengo colpito principalmente dalle immagini. Lo scritto sinceramente m’interessa poco e niente, perché non mi fido più della parola scritta…

    Senti a proposito… invece libri? L’ultimo, oppure quello della tua vita…

    L’ultimo libro che ho letto, ed è quello che mi sta aprendo veramente il canale che cerco, è Il ramo d’oro di James Fraser. Questo antropologo dei primi del novecento fa questo excursus antropologico su usi e costumi, tabù, come sono nati i miti, le religioni… e devo dire che adesso il quadro è molto, molto più chiaro. Ancora oggi siamo arcaici, abbiamo ancora quei riti che continuano anche se utilizziamo cellulare e computer.

    Invece… TV? la vedi? Segui? Ce l’hai?

    Non la vedo dal ’95. Ho seguito in streaming AnnoZero, Report e quelle robe lì. L’ho fatto per un paio d’anni, adesso non m’interessano più.

    Vai al cinema?

    Mah! ci sono stato 4 volte negli ultimi 10 anni… anche di più di 4 volte… capace che magari mi vado a vedere Batman, oppure Machete, queste cose così… Però, diciamo, mi piace sicuramente il cinema italiano degli anni ’60 e ’70… Elio Petri… mi piace la “fantapolitica” italiana. Mi piace il poliziottesco quando è fantapolitica. Anche quando è soltanto feticcio, perché è nel background… però mi piace quando comunque c’è quella Storia che comunque soltanto il Cinema ha raccontato in quel modo. Per esempio, l’articolo di Pasolini su La Repubblica va in secondo piano rispetto ad Accattone: perché le immagini parlano più delle parole, le parole sono una maledizione!

    Parliamo di musica. Da che cosa sei partito e ora invece cosa stai ascoltando?

    Sono partito dal Mississippi e sono tornato poco più giù: Caraibi, Brasile e Gipsy.
    Ora ho scoperto una bossa nova completamente psichedelica di un personaggio, anche famoso, che è Tom Zé. Fa una rivisitazione dei classici di samba e di bossa ma siccome è matto matto… usa degli arrangiamenti veramente allucinanti. Quando abbracci un nuovo genere, come potrebbe essere la bossa, tutto è bello, poi però ti rendi conto che, ovunque vai, suonano sempre gli stessi standard… e io mi scoccio dopo un po’. Così nel Jazz, il Jazz per me ha sostituito addirittura tutto il Rock&Roll. Quando ho conosciuto Thelonious Monk ho pensato che fosse un personaggio molto più fuori di testa del tastierista dei Deep Purple. È una persona che suona il piano in una maniera folle ed ha avuto una vita molto più borderline di quella di molti rockers. E poi c’è anche l’elettronica, che arriva un po’ per questioni di home studio: cominci ad avvicinare i primi controller, gli emulatori dei vari strumenti e avere tutto in una tastierina. Al ritorno dal Marocco ho trovato qui a casa un altro viados che nel frattempo si era insediato a casa, Claudio, che è un ragazzo che si occupa di elettromeccanica e suona un’elettronica controllata via midi. Fa suonare, che ti posso dire… campanelli elettrici, frullatori, tagliacapelli, che poi frulla tutto con i sequencer, tutto in modo analogico. In questo momento sta costruendo un robot elettromeccanico, con campanelli e pentole, che suona da solo.
    E facciamo delle grandi jam: si suonano gli strumenti classici, il violino, gli strumenti a fiato, organi, in questo posto c’è la totale fusione di tutti i generi musicali, dall’elettronica breakata, tutta scomposta e dispari, a quella tzigana. Sono felice di questo: suono anche più di prima che lo facevo per lavoro, ma non suono più per soldi da anni.

    Un’altra domanda: per fare quello che fai, cioè TUTTO, per essere te, insomma, quali sono le qualità necessarie, quelle che hai e quelle che ti mancano?

    Vorrei avere più continuità. Mi rendo conto che è un problema mio, perché quando sono da solo, con le mie cose diventa un putiferio, vorrei mollare tutto e restare soltanto a vagare, scrivere, fotografare e basta, però non è possibile… devi organizzare anche il modo per alzare due spicci, pagare le bollette. Per quanto riguarda la qualità che ho, forse è credere fermamente di essere un uomo libero…
    Credo che tutte le persone, in un modo o nell’altro a seconda di come sono fatte, dovrebbero tendere a questo, cioè tendere alla libertà.

    Una cosa che ti piacerebbe trovare nel tuo futuro?

    Mi piacerebbe trovare un altro posto come questo, però un po’ meno decadente, meno pericolante. Perché comunque ho vissuto anche in dei posti che, rispetto a Crowin’Hill, si potrebbero dire fighetti …

    Vorresti un posto più fighetto?!??!

    No, più fighetto no! Vorrei un posto dove scaldarti non è un problema. Vorrei un posto dove non hai il pericolo che ti possa crollare la casa sopra la testa. Tutto qui.
    C’è stato un periodo i cui ero in paranoia perché sentivo i calcinacci dal tetto scendere e per 3-4 mesi ho vissuto con il pensiero: “ecco stasera ci viene il tetto sopra la testa”.

    Invece una preoccupazione?

    La salute. Perché l’energia fisica che sono riuscito a trovare in questi ultimi due anni è una cosa nuova per me, soprattutto grazie all’alimentazione. Quando sei fisicamente pieno di energie, puoi affrontare la vita meglio. Quindi mi preoccupo di vivere in posti in cui, a partire appunto dall’alimentazione, dalla vita di tutti i giorni, puoi cercare di fare una vita sana.
    Frutta e verdura devono essere le più fresche e migliori che riesco trovare. Per un periodo sono stato anche vegetariano… perché come dice quello di Pulp Fiction “la mia ragazza era vegetariana, quindi questo fa di me un vegetariano”. Questo però mi ha portato a degli scompensi grossi, mi è cambiato il metabolismo, sono ingrassato di 15 chili, stavo male, sono andato a finire in ospedale più volte. Per non parlare del fatto che spesso il lavoro mi porta a stare lunghi periodi fermo al computer.

    Ti servono movimento e cibo sano…

    Il fatto di andare a ricercare determinati cibi fa in modo che io stia già facendo l’abc per iniziare la giornata. Io devo mangiare le arance… se non ho le arance… se non ho le banane… vado fuori di testa.

    Anche se non è periodo?

    Anche se non è periodo. Però il discorso è che, per esempio, la “ciccia” la mangio, però preferisco il pesce. Perché? Perché i miei nonni erano marinai e vengono da generazioni di marinai. Adesso non c’è più il pesce, è un casino procurarselo. Ecco perché il Marocco: perché quando sto lì mangio tutti i giorni il pesce appena pescato e le verdure più buone. Quindi, già quei sei mesi fisicamente mi caricano per lavorare altri sei mesi di vita un po’ più sregolata.

    Un’ultima domanda: facci i nomi di persone che ci consigli di andare a conoscere e intervistare.

    Marco Bevilacqua assolutamente, che abita ad Arsita. Poi Lorenzo Capisciotti, da incontrare ovunque sia. Ce ne sono anche altre ma so che non ci sono con la testa in questo momento per potervi anche solo incontrare, non le nomino neanche…
    Poi, cambiando completamente settore: i ragazzi del MAZE di Pescara, che hanno fatto una bella sfida con questa città a livello di cultura e intrattenimento. Vi possono raccontare di come sia dura ma anche di come, combattendo a testa bassa, si riesce a ottenere risultati che qui non s’erano mai visti. Per chiudere, un’altra realtà: la Compagnia Imago, ragazzi che si occupano di fotografia in un certo modo, con incontri fissi il mercoledì nello studiettino piccolino di Francavilla. Hanno uno spirito super positivo. Jester at Work, la sua chitarra e la sua voce valgono più delle mie chiacchiere! Diciamo, pochi ma buoni.

    Per chiudere, vorrei dedicare queste righe a Max che mi disse un giorno: “che cazzo vai a fare a Londra?! Io ho un computer, possiamo registrare, andiamo a vivere in campagna e facciamo il R’N’R”

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    LINK

    BLOG CROWIN’HILL
    http://crowinhill.tumblr.com/

    LE ILLUSTRAZIONI
    http://zzglam.tumblr.com/

    LO SHOP
    http://society6.com/zzglam

    LA PAGINA FB
    https://www.facebook.com/Zzglam

    IL DIARIO FOTOGRAFICO MAROCCHINO
    https://tepepaphotography.jux.com/

    SINCROIDE, IL RAGAZZO CHE VIVE A CROWIN CHE NON AVETE CONOSCIUTO
    http://sincroide.tumblr.com/

    LA PAGINA FB DI MIA SORELLA
    https://www.facebook.com/pages/Zigane-Jewels/383905995044835?fref=ts

    LINK SUPER RANDOM DI COSE CHE SEGUO
    http://www.kunsthalle.com/berlin
    http://www.ubu.com/
    http://www.thisiscolossal.com
    http://www.emptykingdom.com
    http://www.superuse.org
    http://woodenleg.me
    http://www.offf.ws/
    http://www.juxtapoz.com/
    http://www.retronaut.com/
    http://unlike.net
    http://www.artparasites.com/
    http://htwins.net/scale2/
    http://www.numbeo.com

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    Fotografie di Pippo Marino.

    CCG - Crowin Hill (1)

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