Come ho conosciuto Ferruccio? Ero in libreria e cercavo un libro specifico. Chiedo informazioni al “libraio” (leggendo l’intervista capirete il perché delle virgolette), un buffo ragazzo un po’ allampanato che indossa un improbabilissimo maglione sformato, e iniziamo una conversazione infinita su gusti letterari, autori preferiti, ultime letture, generi prediletti. Il libro che cercavo non l’ho trovato ma sono uscito con un sacco di nuove scoperte. Ferruccio è così, se il libro che cerchi non c’è, e non si trova nemmeno a ordinarlo, è capace di prestartelo prendendolo dalla sua personale biblioteca. Questa generosità spontanea e sincera è forse la sua arma segreta, il suo personalissimo superpotere che gli permette di raccogliere intorno ai suoi progetti numerosi amici e conoscenti.
Come quando, preso dalla febbre per lo stile britannico retrò, ha spinto un sempre crescente numero di affezionati cicloamatori a partecipare a biciclettate per le vie di Pescara o a prestarsi a improbabili giochi al parco (un esempio su tutti, il lancio del tramezzino al cetriolo) o a sfidarsi ad accesissime gare di baffi acrobatici (ovviamente tutto questo lo dico solo per potermi vantare di aver vinto una delle edizioni)
A casa di Ferruccio ed Emanuela ci aspetta un fantastico brunch a base di muffin salati, pancake allo sciroppo d’acero e tè in perfetto stile british. Ferruccio, con l’immancabile spirito autoironico, risponde alle nostre domande spaparanzato sul divano di casa pizzicando con nonchalance le corde del suo amato banjolele.
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Sei universalmente riconosciuto come uno degli esponenti della Tweed Culture mondiale, raccontaci come è nata l’idea del Tweed Ride Pescara.
L’idea del Tweed Ride è legata a mio zio. Tra l’altro, coincidenza vuole che oggi, sabato 13 maggio, sia proprio il suo compleanno. Mio zio è morto un anno fa e io l’ho accompagnato durante tutta la malattia andando tutti i giorni a trovarlo in ospedale. Non avendo la macchina – non ho la patente e non la voglio – andavo in bici. Staccavo all’una dalla libreria, prendevo la bicicletta e mi facevo una passeggiatina fino all’ospedale, e poi il ritorno. Dopo un paio di settimane mi sono accorto che quel lasso di tempo che passavo dalla libreria all’ospedale, mi liberava la mente, era quasi un mantra in movimento: la bicicletta sapeva la strada e andava da sé, così io staccavo la testa per quei 15 minuti. E mi sentivo meglio.
Ho cercato in Google qualcosa che mettesse in relazione la bici con uno stato di tranquillità, di benessere, e tra i tanti link che sono usciti, ne è comparso uno che metteva insieme due mie passioni: bici+Inghilterra= Tweed Run.
Si tratta di un evento, inventato nel 2009, che unisce lo spirito british all’amore per la bici. In realtà si ispira all’Eroica, questa corsa che si fa in Toscana recuperando bici d’epoca e tracciati polverosi, ma ambientandola in un contesto urbano. Con il nostro Tweed Ride non abbiamo fatto altro che riportare questa idea in Italia, sul mare di Pescara, così chiudendo il cerchio. Ho scritto ad agosto di un paio di anni fa all’ideatore del Tweed Run, dicendo che mi piaceva tantissimo e che avrei voluto farlo anche qui. Lui è sembrato molto spocchioso e, in più, ha fatto presente che c’era un problema di copyright. Mi ha consigliato di realizzare l’idea ma di cambiargli nome. Al posto di Run abbiamo usato Ride e così è nato il Tweed Ride Pescara. Alla prima edizione contavamo di essere una decina, invece alla fine eravamo più di 40, un risultato inaspettato.
A parte l’Eroica, c’era qualcosa di simile in Italia?
Siamo stati i primi tant’è che, dopo aver fatto il sito, molti hanno cominciato a scrivere invitandoci a farlo altrove. Da poco è stato fatto un Tweed Ride a Catania, altri ne faremo noi in giro per l’Italia.
Dove andrete?
A settembre andremo tra Verona e Brescia con un evento legato alle iniziative di un museo di moda vintage. E spero di farne un altro a San Benedetto con i nostri amici marchigiani che sono venuti a pedalare con noi al Tweed Ride di novembre scorso.
Ti aspettavi che avrebbe avuto questo successo?
Quando alla prima edizione abbiamo visto arrivare tutta quella gente siamo rimasti stupiti. La verità è che abbiamo degli amici fantastici, totalmente pazzi, che ci aiutano a fare questi eventi strampalati. Senza di loro non sarebbe avvenuto niente.
In quanti eravate alla seconda edizione?
Eravamo 65 mentre nella terza abbiamo toccato il massimo con più di 90, tra iscritti e aggregati dopo. La cosa bella è che abbiamo scoperto l’esistenza di tante persone che si autocostruiscono le bici, che amano il vintage, che si vogliono mettere in gioco senza vergognarsi, perché alla fine è un gioco. Ecco, una cosa che faccio sempre fatica a spiegare ai vari gruppi di “biciofili” pescaresi è che noi, fondamentalmente, ci divertiamo.
Non è certo una competizione, anche se non mancano gare e premi.
È semplicemente la gioia di andare in bicicletta in modo un po’ eccentrico. A fronte di tanta gente che viene, lo capisce e si diverte, ce ne sono poi altri che in qualche modo sembra quasi remino contro, diciamo che non si mettono in sintonia con questo spirito.
Non è curioso che ci sia tutta questa voglia di prepararsi i vestiti, di personalizzare le bici, di mascherarsi?
È il gioco, la necessità di staccare dalla vita che un po’ ci soffoca. La cosa più bella è quando gente che magari è venuta dietro la carovana perché si trovava sulla bici quella domenica ed era in jeans e maglietta, la volta successiva è venuta vestita in perfetto stile retrò. Fondamentalmente, credo sia un effetto collaterale della crisi.
Pensi si tratti di un atteggiamento nostalgico, mancanza di un’epoca d’oro passata? Ma nostalgia di cosa, visto che la nostra generazione certe cose non le ha mai vissute?
Parla per te, io sono vintage. Tu, magari, non le hai vissute ma io, forse in un’altra vita, ero un lord…
Lo si intuisce al solo guardarti…
Sono un lord zen, mi scivola la vita addosso e io la lascio scorrere nobilmente.
Questo processo di lordizzazione zen è sempre più marcato, ti sei talmente immedesimato in questo stile vintage tanto da farlo diventare un vero e proprio stile di vita?
Non mi vesto mica sempre così, però alla fine è divertente. Il fatto è che devo portare il tweed nel mondo, per lo meno devo provare in Italia…
Sei l’ambasciatore del tweed, l’evangelista del tessuto lanoso, il predicatore dello spigato?
Yes, yes indeed! e poi, ho la fortuna di avere affianco a me Emanuela che, hanno detto, pare una vera ausiliaria degli anni ’40, quindi il vintage ci circonda in tutto e per tutto.
Siete una coppia perfetta, un lord zen e la sua ausiliaria…
In fin dei conti, la cosa importante è che la gente si diverta. Quindi, anche chi come me ogni tanto è un po’ depresso, passa una giornata sorridendo. Fateci caso, se guardate le foto di quelle giornate la gente sorride sempre. Al di là di quello che può succedere attorno, in quel momento la gente è contenta, e basta poco perché, alla fine, una bicicletta, una vecchia giacca del nonno o della nonna, si trova sempre.
Qual è il decalogo del perfetto tweedman?
1. Divertirsi.
2. Rispettare gli altri.
3. Essere coerenti con se stessi.
4. Una certa cortesia nella vita.
5. Come regole di stile, per l’uomo il baffo, o la barba, ma solo se tenuta bene, la cravatta e, in generale una certa sobrietà. Vietate le ciambelle, ovvero i sandali. Per la donna una discreta acconciatura, ma in generale un gentleman al gentil sesso non può dire nulla…
Delle cose che avete fatto, cosa vi è rimasto più impresso?
Una su tutte, la prima edizione dell’Anarcho Tweed Ball. È stata un’emozione incredibile vedere oltre 100 persone tutte vestite, dal charleston anni ’40 al gangster inglese, c’era addirittura lo strillone con una pancia finta e i giornali.
Non è anche dare il modo alla gente di travestirsi, trasformarsi…
Non direi travestirsi, è esprimersi. Dentro di noi ci sono tante persone, c’è chi magari si sveglia e va a lavoro e vorrebbe ammazzare chi si compra i libri di Moccia e invece glielo deve dare col sorriso… è anche giusto che ci si possa rilassare un attimo, quindi, giocare e decidere per una sera di fare lo strillone piuttosto che il gangster. È un modo anche quello per stare meglio.
Abbiamo detto che la tua missione di vita è diffondere il tweed, però nella vita reale lavori in una libreria, come concili le due cose?
Anche quella è una missione.
E sarebbe?
Non essere un venditore di libri, ma un libraio.
Scusa, qual è la differenza?
È un’obiezione che mi fa anche il mio titolare, per lui noi dobbiamo vendere i libri, ma io non ci riesco… è più forte di me. Quando posso, ma l’80% delle volte non posso, e vedo che la persona che ho davanti oltre che un cliente è anche una persona con una testa, provo a fargli scoprire un mondo differente, più ampio. Il mio problema è che sono un idealista. Come dice Neil Young: “I’m a dreaming man, yes, that’s my problem.”
Quando hai bisogno di ritemprarti mentalmente, o cerchi ispirazione per qualche progetto, cosa fai?
La domenica mi concedo il lusso delle ciabatte, che sia inverno o estate. Per me è molto rilassante stare a piedi nudi, anche quella delle scarpe è un’altra costrizione della vita. Mi rilasso, guardo un film, mangio i pistacchi, soprattutto mangio…
Un’altra cosa che mi ritempra e provare mix esotici. Quando cucino faccio cose assurde tipo il pollo alle banane, la suicide-carbonara e, da giovane, la maxi-cipollata con mele e maiale. In pratica mangio e vedo Fringe.
Quali sono i siti che ti piace consultare?
Ho un serie di cartelle di argomenti preferiti tra cui tweed, banjo, Neal Young, letteratura, beat generation (il mio primo amore) e da poco anche lo swing…
Riviste?
The Chap, è una rivista satirica per gentlemen che prende in giro tutti. L’ho scoperta grazie a vari amici inglesi della scena tweed. Ogni natale Emanuela me ne regala l’abbonamento.
Quali libri hai sul comodino?
Sul comodino c’è un mondo: L’opera galleggiante di John Barth, che ho cominciato a leggere sei anni fa in autobus e sono arrivato a pagina 32, fenomenale; l’immancabile Paperino, di cui ho tutta la collezione completa di Carl Banks, me la leggo quando sono depresso, è veramente un toccasana; un libro sul whisky, che io bevo smodatamente; poi c’è Il gentleman, il manuale dell’eleganza; due libri di P.G. Wodhouse, Tanto di cappello a Jeeves e Jeeves non si smentisce. A questo proposito, vi rivelo in anteprima mondiale il mio progetto di creare una bevanda e di chiamarla Jeeves Tonic. Per chi non lo sapesse, tutti i libri di Wodhouse cominciano con il padrone di casa che dorme nel letto, si alza comodamente verso mezzogiorno, suona il campanello e Jeeves gli porta il suo tonico, che sarebbe gin&tonic, in realtà non è mai citato ma è quello. Poi, Dossier Odessa di Frederic Forsyte, di cui ho letto anche un altro bellissimo libro, Il fantasma di Manhattan, ambientato a New York; La notte dei Morlock di K. W. Jeter, steam punk allo stato puro ambientato nell’Inghilterra vittoriana; Pesca alla trota in America di Brautigan e, per chiudere, L’ultima corsa per Woodstock, il primo libro di una serie di romanzi gialli di Colin Dexter, e qui si torna in Inghilterra, che sarebbe l’antesignano dell’ispettore Barnaby.
Qual è l’ultimo libro che hai fatto scoprire a un cliente della libreria?
Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis. È un libro bellissimo che descrive lo scontro generazionale tra questa vecchia scimmia, ancorata alle tradizioni, suo figlio e i nipoti. La persona a cui l’ho consigliato è tornata molto contenta.
Televisione?
Mi piacciono le serie cervellotiche da Twin Peaks a X Files fino a Fringe. Ma anche le comedy inglesi dai Monty Pyton ai Mighty Boosh passando per Black Books!
Cinema?
Non vado molto al cinema ma ho dei bellissimi ricordi di quando ci andavo con mio padre: insieme abbiamo visto Blade Runner, tutta la saga di Guerre Stellari… Ricordo il primo film in assoluto sull’Uomo Ragno, con protagonista lo stesso attore di Ralph Supermaxieroe, eravamo in tre in sala. Tutto nasce dal fatto che mio padre era appassionato di fumetti della Marvel. Li teneva sotto il letto e io la sera glieli sfilavo da lì sotto per portarmeli nel mio e sfogliarli.
Ma ci sono dei film che ami in assoluto più di altri?
Ti dico tre film su tutti da vedere: il primo è Blues Brothers, che hanno rimasterizzato e ripropongono a fine mese; Blade Runner e, poi, qualsiasi film ad alto tasso di testosterone, da Rambo a The Expandables.
Non approfondiamo, sorvoliamo quest’argomento. Musica?
I miei gusti musicali spaziano tantissimo e sono legati alle persone importanti a cui sono stato vicino. Fino ai due anni dirigevo musica classica davanti allo stereo di famiglia, almeno così mi raccontano. Poi, quando mia madre è rimasta incinta di mia sorella e non poteva badare anche a me, sono andato a vivere con i miei nonni dove c’era mio zio, e lui ascoltava blues, Deep Purple, Led Zeppelin… Dopo che è morto papà, mio cugino, che era molto più grande di me, mi ha preso un po’ sotto la sua ala protettiva e, siccome suonava il sassofono e il flauto traverso in un quartetto jazz, mi ha fatto avvicinare anche a quel genere di musica.
Ora cosa stai ascoltando?
Ora ascoltiamo lo swing perché tentiamo di ballarlo. Comunque, il mio nuovo mito è Mister B. The gentleman Rhymer, l’inventore del Chap Hop, un mix tra hip hop e lo swing suonato al banjolele.
Città in cui vivresti?
Più che in città mi piacerebbe vivere in campagna.
Quali sono le cose su cui vorresti lavorare per migliorarti?
Siccome sono alquanto fatalista, faccio le cose molto approssimativamente, non vado dietro alla forma. Penso che se una cosa la fai col cuore poi riesce bene. Comunque, serve una base di organizzazione che a me, alle volte manca anche perché non ho proprio il tempo, io queste cose le faccio di notte…
Un progetto per il futuro?
A breve, mi piacerebbe fare eventi tweed sempre più belli, guardando un po’ più in là, cercando di andare oltre l’Abruzzo. A lungo termine, mi piacerebbe creare un polo, un luogo fisico dove poter prendere un tè, scegliere dei libri, comprare del tabacco preferito per la pipa piuttosto che un vestito vintage, il tutto mentre aspetti che riparino la tua bici nell’annessa ciclofficina.
Invece, una preoccupazione per il futuro?
In generale sono preoccupato per la salute: ho visto cosa vuol dire ammalarsi e la cosa mi terrorizza.
Ci fai i nomi di persone che ci vorresti far conoscere?
Il primo è Il Roscio, il mio amico pittore Christian Serafini. Ha un mondo dentro incredibile, una persona da conoscere assolutamente. È l’artista dietro i murales di Flaiano e Pescara Jazz. Un’altra persona è Alessia Fatone, ha un laboratorio in cui crea oggetti di vetro che si chiama Il vetro in testa. È una storia molto bella perché da piccola è rimasta folgorata da un viaggio a Murano, ha creduto in questo suo sogno ed è riuscita a mettere su un laboratorio ai colli. Poi, direi Enrico De Laurentis, un ragazzo che fa oggetti e giochi in legno per bambini e, per finire, Vincenzo de Novellis, il costruttore del velocipede che vedete nelle foto dei nostri tweed ride.
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Grazie..
e di ché?!?!
A proposito Ferrù, ma che fine hanno fatto quei maglioni simil-islandesi che portavi i primi tempi?
credo siano andati persi negli ultimi tre traslochi! :)
dì la verità: Emanuela li ha fatti, giustamente, sparire…
Ferruccio, prezioso esemplare di una specie a forte rischio di estinzione.
Ti stimo fratello, direbbero i giovani.
Ha la mia riconoscenza, Signore.