Architetture introspettive

     

    Non disperiamo. Qualche maestro in circolazione c’è ancora, è che ormai preferiscono restare nell’ombra.

    “La nostra comprensione dell’architettura è radicata nella nostra infanzia, nella nostra gioventù; è radicata nella nostra biografia. Gli studenti devono imparare, quale fondamento della progettazione, a lavorare coscientemente con le loro personali e biografiche esperienze dell’architettura.
    L’architettura è sempre materia concreta. Un progetto disegnato su carta non è un’architettura, ma soltanto una rappresentazione più o meno incompleta dell’architettura, paragonabile allo spartito musicale. La musica ha bisogno dell’esecuzione. L’architettura ha bisogno della realizzazione.
    Pensare associativamente, selvaggiamente, liberamente, ordinatamente e sistematicamente per immagini, per mezzo di immagini architettoniche, spaziali, colorate e sensuali. Ecco la mia definizione prediletta del progettare.
    Mi piacerebbe poter trasmettere agli studenti questo pensare per immagini come metodo di progettazione”.

    Peter Zumthor


    37 thoughts on “Architetture introspettive

    1. se seguiamo le parole di PZ riconosciamo quanto siamo fottuti. Perchè se è l’architettura che abbiamo intorno che ci forma, noi che viviamo in città brutte, senza qualità architettonica, estetica o sociale, come architetti saremo poveri e sterili.
      Ci vorrebbero corsi di alfabetizzazione alla qualità architettonica e urbana a partire dall’asilo.

      1. davvero. mi diceva un’amica che ha fatto un’esperienza in svezia, come da loro sia normale anche per i più piccoli l’alfabetizzazione con il contemporaneo, sia nell’arte che nelle altre discipline affini. credo che in italia siamo eccessivamente legati al nostro meraviglioso ma schiacciante patrimonio culturale artistico del passato, e non si riesce a farne percepire gli inevitabili collegamenti con il presente.
        però nel mio piccolo ci provo. quest’ anno alla maestra di mia figlia ho proposto un percorso di scoperta e lettura della città da parte dei bambini.
        vi saprò dire.

        1. Diciamo che è il primo in cui faccio finta di essere serio…i temi faceti mi attraggono inesorabilmente!

    2. ho studiato Zumthor, sono addirittura andata a Chur per incontrarlo, ma come ben dici, preferisce restare nell’ombra.
      quando scrive che la nostra comprensione dell’architettura è radicata nella nostra infanzia, credo che parli della percezione che avevamo da bambini degli spazi architettonici, a prescindere dalla qualità degli edifici….
      “Ci chiediamo cosa ci avesse affascinato, colpito, toccato e perchè. Com’era fatto quello spazio, che tipo di odore c’era nell’aria, come risuonavano i miei passi in quello spazio e come echeggiava la mia voce, quali sensazioni procurava il contatto del pavimento con i miei piedi o della maniglia nella mia mano? Com’era la luce sulle facciate e i riflessi sulle pareti? C’era un senso di intimità o di ampiezza? (..) La progettazione dovrebbe essere basata su questa sensualità corporea. E’ un lavoro di ricerca. E’ un lavoro di memoria.”
      (tratto da “Pensare architettura”, P.Zumthor, Electa)

      1. cosa, cosa? hai fatto questa esperienza e non ci racconti niente? Dai vogliamo sapere tutto, e quando dico tutto, intendo anche il colore delle ciabatte di PZ.

        1. ahahahah!
          no, purtroppo quello che intendevo è che non sono riuscita ad incontrarlo, è davvero molto riservato…
          mi sono “consolata” con un tour delle sue architetture…
          comunque ho intenzione di riprovarci, prima o poi lo scoverò…e se riuscirò vi racconterò ogni dettaglio! promesso!

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