The Curators

    Non so voi, ma trovo veramente avvincente questo trhiller all’ultimo respiro che si sta svolgendo per la nomina del curatore della prossima biennale di Architettura di Venezia. Come tutti sanno (cioè quello 0,0001% della popolazione italiana a cui interessa la biennale di architettura) la mostra aprirà a fine agosto e non c’è uno straccio d’idea di chi si occuperà del padiglione italiano

    Tutti pensano che si tratti dell’ennesimo esito della tipica gestione avvilente e scriteriata (in poche parole “all’italiana”) di quello che è universalmente ritenuto un evento fondamentale per la cultura architettonica mondiale (ok, sto esagerando, ora metto off la modalità “ufficio stampa biennale” e torno serio)  ma in realtà si sbagliano: è solo un incredibile e organizzatissimo lancio pubblicitario per un film che manco hollywood si sogna.

    Pensateci, la trama è perfetta. C’è un disastro imminente (il padiglione italiano), i minuti contati alla ricerca dell’eroe che salverà il mondo (dell’architettura italiana), lo spirito di sacrificio, l’arte d’improvissare all’italiana, i complotti clandestini, il cattivissimo di turno (Ornaghi)… sangue, sesso, morte, ministri e gondolieri, c’è tutto per un blockbuster coi controfiocchi!

    Ad alimentare il clima di suspance, vengono ad arte divulgati nomi di possibili invitati curatori – Alberto Ferlenga, Massimo Carmassi, Luca Zevi, Cino Zucchi, Alessandro Anselmi, Roberto Zancan, secondo quanto scritto su Artribune – ma è chiaro che si tratta di un depistaggio perché alla fine ci sarà il colpo di scena e rimarremo tutti a bocca aperta.

    Visto che si sparano nomi a cazzo, allora anche io ho la mia rosa di papabili eroi/curatori:

    • The Avengers (lo Shield prende possesso del Padilgione italiano, ci chiude dentro Thor, Iron Man, Hulk, Capitan America, la Vedova nera, Occhio di Falco e li costringe a scrivere il progetto della mostra, pena, la fine del mondo!)
    • Diego Anemone e il suo fido architetto Angelo Zampolini (tempi sicuri, risultati assicurati, prezzi sotto controllo, trasparenza e serietà garantiti)
    • Paolo Portoghesi (ha progettato una piazza romana nel tempo di salire con l’ascensore dal sindaco, sarà certo in grado di organizzare una mostra in un paio di settimane)
    • Daniela Fastoso (e chi è? vi chiederete. è quella architetta divenuta famosissima per aver fatto sconti su Groupon, ricordate? sì, magari non ha una grande esperienza ma è di certo economica…)
    • ……………………… (aggiungete il vostro, se poi indovinate vi regalo un panino con la porchetta)

    Un capitolo a parte merita l’iniziativa portata avanti da Luca Diffuse e da molti altri volontari che hanno colto l’occazione di questo “buco organizzativo” per proporre una condivisa e libera proposta per il padiglione (le varie idee sono raccolte su normale.net).

    Ammiro l’iniziativa e spero che, al di là di tutto, possa acquistare forza e divenire un progetto autonomo e svincolato dall’evento biennale. L’unico problema è che non ci ho capito niente, ma niente niente. La colpa è sicuramente mia perché ho un problema con questo tipo di comunicazione scritta. Non so come definirla (laterale, ambigua, criptica, sfuggente, indiretta, poetica…) ma il risultato, su di me, è sempre lo stesso: sguardo da trota e cervello in pappa.


    36 thoughts on “The Curators

    1. :D :D :D
      non si può pubblicare l’articolo su niba, eh?…
      troppo rischioso, eh?…mmm, hai ragione, facciamoci due risate solo tra noi intimi 0,0000001, e un plauso a inedite. (per quel che possiamo capirne)

    2. non ho nulla contro niba, solo che ognuno ha le sue perversioni…
      a voler essere metaforici, il blog è un’orgetta vecchio stile dal gusto casalingo, niba è una sfrenata gang bang in cui chi scrive è quello che di volta in volta è messo al centro e giù tutti…

    3. proporrei fabio novembre (pro: fa tendenza (?) e chi ha l'”intestino pigro” ne trarrà giovamento – contro: scommetto che non è economico)

    4. premetto che essendo un pò fuori dalla vostra zona la Fastoso non la conoscevo, me la sono andata a cercare su Europaconcorsi, ho rimesso l’ultimo pasto, e ho pensato che lei va benissimo come rappresentante della categoria “mi vendo su grupon per 2 lire”.
      Propongo Peia Associati che su wikileaks sta spopolando (a fra l’altro gli ha pure fatto causa!)

        1. son d’accordo, però devo dire che alcune obiezione mosse verso archileaks (scusa avevo scritto male ma vedo che ci siamo capiti) sono condivisibili…vuoi mettere la bellezza della bacheca anonima x insultare chiunque? magari non mi hai fatto nulla ma mi stai cordialmente sulle scatole e sarei fessa a non approfittarne…

          1. intuisco dalle tue parole che hai già commentato su archleaks…
            Facciamo così: tu mi dici su quale studio hai commentato e io ti nomino curatrice del padiglione italiano alla biennale.

            1. non ho commentato giuro! se ci ho messo 5 anni da followers a iscrivermi e commentare da voi!!!!! anche perchè non ho lavorato da nessuno dei citati…e obbiettivamente (a parte l’ovvio problema di dipendente a partita iva sottopagata) non ho grosse cose da un punto di vista umano da lamentare…se la nomina non me la ritiri, a questo punto, accetto di curare il padiglione italia!!!!

              1. ok, sappi però che l’orario è 8-24 week-end e festivi compresi, non c’è paga e in più devi mettere anche i soldi per le cialde del caffé (in pratica l’equivalente di uno stage presso uno studio d’architettura). Accetti?

                1. cavolo! mi sembrano condizioni ottimerrime! non devo neanche farmi tatuare un numero sull’avambraccio e indossare un pigiama a righe!

      1. cavolo, ditemi che non è vero: ha il coraggio di pubblicare un progetto con le note scritte usando il font Papyrus;
        le manca solo di usare il Comic Sans

    5. reduci da un fuori salone sempre più fuori tempo massimo propongo i mirabolanti fffformafantasma, supereroi del niente con però l’innegabile potere dell’invisibilità. potere comune alla maggior parte della categoria. e poi hanno anche i baffetti da hipster.

      1. formafantasma come metafora/condanna dell’intera categoria? sei il solito sofisticato!
        Viva i baffetti asburgici, abbasso quelli hipster

    6. AST,
      tra parentesi la biennale di architettura costerà 6 milioni di euro.
      Io farei curare (previa autorizzazione a concedermi un’intervista esclusiva, un sogno che coltivo da anni): Salvatore Ligresti (Milano), Francesco Gaetano Caltagirone (Roma) e Mario Ciancio Sanfilippo (Catania).
      Una triplice lectio magistralis (nord-centro-sud) sul costruire città (dal nulla) in Italia con un approfondimento su: ‘la casa che gli italiani comprano’ (non sognano).

      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

      1. 6 milioni? come minimo allora volevo Aristotele oppure, se era impegnato, Benjamin come curatore.
        Bella la tua tripletta! Sei sicuro che li vuoi intervistare oppure preferisci interrogarli davanti a una giuria in tribunale? Ah, se parlassero…

        1. Rem,
          ribadisco, intervistare, è un sogno che coltivo da anni.
          Per capire l’Italia senza ‘balletti linguistici critici’ bisogna studiare, capire, analizzare questi geni dell’edilizia, capaci di costruire interi quartieri con il consenso di tutti e con l’avallo ‘inane’ dei critici dell’architettura che preferiscono parlare dei soliti quattro edifici ‘cult’ mediatici.
          Non dimenticare che il tema è ‘Common Ground’ letteralmente ‘luogo comune’, ‘punto d’incontro chi meglio di loro ha saputo costruire nuovi brani di città – luoghi comuni, punti d’incontro – negli ultimi quarant’anni?
          A me serve capire non giudicare.
          Il giudizio lo lascio ai critici di estetica.

          Saluti,
          Salvatore D’Agostino

          1. e hai pure ragione, ho esagerato con questa vena tribunalista.
            mi sembra che il tuo scopo sia ammirabile e condivisibile, tifo per te e per tutti quelli che vorrebbero capire senza giudicare
            :-)

      1. Mancosu Editore si aggiudicherà anche il catalogo?
        Ora però mi aspetto i dettagli (architettonici, ovviamente)

    7. Quanto agli ultimi due paragrafi. La scrittura di un progetto collettivo mantiene un certo carattere sospeso. La migliore delle ipotesi è che non dire tutto lasci lo spazio per le sensibilità di molte più persone rispetto a quelle con cui avresti a che fare di consueto.

      Per qualche giorno è circolata una sorta di versione con i sottotitoli, al momento di pubblicarla mi pareva troppo aggressiva e l’ho buttata via.

      Il problema in effetti di impostare un registro critico ha sempre a che fare con il tono che senti di poter adottare e io magari sono insicuro al riguardo.

      Mi è capitata una introduzione inèdita (tra l’altro) di Calvino al suo Palomar. Racconta della genesi del libro. Di come pensasse sempre di affiancare a Palomar (teso verso l’alto) un altro personaggio, Mohole teso invece verso il basso. Calvino racconta di come poi si sia accorto che nelle affermazioni positive di Palomar riuscisse sempre a leggere qualcosa della sensibilità oscura e distaccata di Mohole e di come quindi quest’ultimo personaggio non sia mai entrato nel libro.

      Altra cosa invece. Riguardo tutto il post tranne gli utlimi due paragrafi. E’ che ho un po’ la sensazione che siamo stati piuttosto allenati a considerare divertente una ampia casistica di situazioni amministrative che sono si gestite in modo ridicolo, ma alle quali forse non dovremmo rispondere nello stesso modo.

      Ovviamente scrivo sotto l’influenza di una settimana passata al teatro Valle occupato. Mi passerà. Abbracci.

      1. Caro Luca, certo hai ragione, agire in modo deciso ed efficace contro la mala gestione e amministrazione di tante parti dell’Italia, dovrebbe essere un dovere che sentiamo intimo.
        A volte però, serve anche saperne trarre il lato tragicomico, non fosse che per mera sopravvivenza, e per conservare lo spirito vivo per combattere/partecipare/rispondere al meglio in altre occasioni. E per questo apprezzo sempre lo sguardo pungente e ironico di Rem. Lo dico con affetto, perchè quello che state facendo mi sembra una meravigliosa perla.

      2. Caro Luca, sono alla quattordicesima rilettura del tuo commento e forse riesco a intuire il tuo pensiero. Dici che il senso un po’ oscuro della proposta è voluto e serve a sfumare i contorni di un’idea che ha tante facce quante sono quelle dei partecipanti.

        (piccolo inciso, a riprova dell’effetto che mi fa leggere le tue parole, mi è scoppiato un mal di testa fortissimo, roba che mi sentivo bollire il cervello. E poi la citazione di Calvino è una vera cattiveria, così mi costringi a recuperare Palomar e a rileggerlo… Ora ho preso un nurofen e bevuto del succo d’arancia, spero che mi passi presto. Hai presente il film Scanners di Cronenberg, in cui alla gente inizia a uscire il fumo dalle orecchie e poi esplodono? Mi sento uguale!)

        Mi sta anche bene, mi sembra che corrisponda al tuo modo di essere con gli altri, sempre molto sensibile e disponibile a includere più che a escludere. Solo che sei sicuro che venga capito dai tuoi interlocutori? Un dirigente del Mibac, o come diavolo si chiama adesso, coglie queste sottigliezze oppure liquida tutto con un’alzata di spalle? Oppure non era quello il vostro interlocutore e allora cos’è, un modo per parlarsi tra amici e conoscenti?
        Forse è questo che vi avrei chiesto, come Inedite, di avere un linguaggio diretto e chiaro e non traslucido, o vagamente opaco. Insomma, mi sarebbe piaciuto un manifesto (artistico, politico, estetico…) che in 4-5 punti mettesse sotto accusa una controparte, quella sì, opaca e refrattaria alla trasparenza.
        Così, mi sembra un’arma spuntata, come quelle spade giocattolo che pendono da un lato e dall’altro. Esagero, e l’idea di una guerra, seppure d’idee, e di armi, seppure di gomma, mi ripugna. Però, in qualche modo si deve riuscire a scalfire questo muro di gomma.
        Ti prevengo, “Sì bello tu, te ne stai lì, al calduccio di casa a guardare e criticare, quando c’è da rimboccarsi le maniche e partecipare.”
        Hai ragione, non ho scuse, però, dopo che ho iniziato a leggere le proposte degli altri volenterosi mi sono trovato di fronte allo stesso solito effetto “cervello in pappa”. Sarà che vado a 10 all’ora, che mi mancano i riferimenti culturali, per non dire del lessico, ma a scorrere le proposte non ci ho capito un’acca. Così mi sono detto che se non capisco non posso partecipare, se non parlo la stessa lingua, non posso dialogare.

        Ok, basta, e comunque non la prendere troppo sul personale, e se ho detto troppe cazzate fa finta di niente. Per chiudere, ma è un mio pensiero personale, vorrei dirti che se hai in mente di fare una cosa bella, non hai bisogno di chiedere il permesso a nessuno, tantomento a un ministro.
        ciao

        1. La premessa – forse inutile – è che non prendo nulla sul personale. Anzi si, Ma piuttosto è proprio che non me la prendo, reagisco alle occasioni di ragionare. Il tuo ultimo paragrafo è ovviamente condivisibile. Però mi si presentano un paio di casi tipo. A volte quando cerco appoggi per qualche operazione mi rendo conto – di solito velocemente – che si tratta più che altro di una mia insicurezza. Allora mi fermo e vado da solo che è – sempre – meglio. Altre volte ho la sensazione che a lasciare troppi spazi all’approssimazione non si faccia poi così bene e che siano quindi spazi da provare a tenere occupati da quel poco di qualità che si riesce a produrre nel contesto specifico. Quando però finisco in questo caso 2, l’affaticamento e la tensione sono tali che torni ad avere ragione te. Cerco di metterci però un’altra dinamica dentro. Quella che si stabilisce tra isolamento e concentrazione personali verso momenti invece di maggiore apertura. Come queste ultime due settimane in cui mi è piombata la gente a casa (sconosciuti intendo), avevo Fb illuminato come un albero di natale, la posta ingestibile. Traducendo tutto ciò in termini di indicazioni sociali ne ho ricevute davvero molte, tra cui le tue. Oggi Salvatore (ma ti è morto il telefono?) mi diceva che è il tempo di fare, anche sbagliando. Calcola che poi quando uno sconosciuto come te mi invita alla chiarezza è un invito che il mio autismo mi fa avvertire come davvero urgente, ncessario. Troppa tensione. E infatti finisco un lavoro e me ne torno in montagna.

          1. ti capisco, sento dalle tue parole l’esigenza di recuperare le forze, di ragionare con calma.
            La tua, la vostra, è una bella prova, un tentativo da affinare e sviluppare, magari senza l’urgenza di un padiglione da inaugurare o un direttore da convincere. Trovo difficile coordinare tanta gente brava e intelligente, non so proprio come siate riusciti a sintetizzare il tutto in una proposta, mi sembra un lavoro immane. Però ci siete riusciti e questo è quello da cui ripartire.
            un saluto

            1. Luca,
              si è scaricato senza avvisarmi (ho un modello giocattolo di cellulare, mi viene difficile – causa t9 e roba varia – scrivere perfino gli SMS).
              Prima di tornartene in montagna, a mio avviso, bisogna ‘sbagliando’ chiudere un numero 0 di inedite.

              Rem,
              le tue ultime parole sono incoraggianti.

              Saluti,
              Salvatore D’Agostino

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