MENHIR

    Menhir è un’installazione multimediale ideata e realizzata da Giustino Di Gregorio, Claudio Pilotti (video e mapping projection), Manuela Cappucci (pannelli artistici), Fabio Perletta (sound design) con la collaborazione di Gabriele Esposito (progetto della struttura) e la cura di Maria Luisa De Santis.

    Innanzi tutto, partiamo dal luogo. Quando si entra in Palazzo Re a Giulianova, non si è minimamente preparati a ciò che si troverà all’interno. Oggi l’edificio, per lo più sconosciuto a chi non è di Giulianova, ospita una piccola bilbioteca e saltuariamente dei concerti ma, a quanto mi risulta, non era mai stato usato, e valorizzato, da un’installazione artistica ideata specificamente.

    Superata una sala d’ingresso, attraverso una piccola porta, si entra in uno spazio perfettamente circolare del diametro di circa 9 metri coperto da una cupola in mattoni a vista. Le dimensioni sono pressoché  quelle di una sfera appoggiata su un basso tamburo cilindrico.
    La cupola, completamente rivestita di sottili mattoni dal colore scuro, incombe sullo spazio comprimendolo e, allo stesso tempo, dilatandolo fino a sembrare una volta notturna.  Non ci sono aperture nè luci e l’unico accesso consentito è quello che procede dall’ingresso sulla strada.
    È uno spazio unico e magico, perturbante e scarno, nascosto dentro un palazzo ottocentesco. La sua forma straordinaria nasce dall’essere uno dei torrioni superstiti che facevano parte delle mura difensive del paese.

    Entrando nella sala sembra di penetrare in un nuovo spazio che appare immenso. Immenso nel vero senso della parola, come di qualcosa impossibile da misurare in quanto privo di punti, spigoli, soffitti o altri elementi di riferimento a eccezione di questo oggetto tecnologico che il gruppo di artisti ha chiamato menhir.
    Il menhir è un parallelepipedo alto 7 metri e mezzo e con una base quadrata con il lato di 1 metro e mezzo. Osservando la struttura, interamente realizzata in asticelle di legno dalla sezione quadrata di massimo 4 centimetri, si riconosce la matrice geometrica: 5 cubi sovrapposti che arrivano quasi a sfiorare, ma è un’impressione per chi guarda dal basso, la volta in mattoni.
    Il primo cubo, posto alla base, è completamente vuoto e contiene al suo interno una trave in acciaio che, tramite cavetti d’acciaio in tensione, ancora a terra la leggerissima struttura.

    Il secondo cubo è l’unico che all’apparenza appare solido e materico. Contrariamente all’esilità  e trasparenza del menhir questa porzione è materica e opaca. Le superfici nere, opera di Manuela Cappucci, sono scabre e irregolari, corrugate e ribollenti. Filamenti di metallo descrivono come dei segni che collegano parti contigue. Sembra metallo fuso e raffreddato, un’antichissima superficie lunare o ciò che resta di magma cristallizzato. Questi segni materici sembrano alludere a una lingua perduta, sono espressioni di una civiltà  primitiva e siderale che si esprime per simboli minerali.

    I due cubi superiori ospitano nella parte inferiore una sorta di tronco di piramide rivolto verso il basso e, nella parte superiore, tre piani paralleli e orizzontali. Questa parte, nonché  l’intradosso della cupola, è resa continuamente cangiante dalle proiezioni di Giustino Di Gregorio e Claudio Pilotti. Grazie al meticoloso progetto di mappatura, ogni elemento della struttura sembra illuminarsi autonomamente descrivendo nello spazio geometrie luminose. Diventa strumento misuratore, torre del vento, display informativo su cui linee di luce, ora lente, ora rapidissime, incidono texture geometriche.
    Il parallelepipedo, posto al centro dello spazio circolare, invoglia l’osservatore a girare intorno, a scoprire visuali nascoste, a muoversi avvicinandosi per scoprire le increspature sui pannelli per poi allontanarsi con la testa immancabilmte verso l’alto per guardare le proiezioni sulla cupola di mattoni. Alla fine ci si può anche stendere per terra come si fa d’estate per vedere il cielo stellato.

    Ogni movimento del visitatore è poi accompagnato dalla composizione sonora elaborata da Fabio Perletta. Anche in questo caso, come per i pannelli e le proiezioni, il linguaggio è astratto ed essenziale. Onde sonore purissime si intersecano con glitch e microscariche elettriche in dialogo costante con le immagini video e lo spazio della sala.
    Questa è un’istallazione ricca di suggestioni profonde, in grado di far riecheggiare in ognuno sensazioni nascoste. Una scoperta, un viaggio, una pausa di riflessione in cui sperimentare col corpo il peso del vuoto, la matericità  del suono e della luce.

    La visita, imperdibile, sarà possibile fino al 6 gennaio 2012 (salvo possibili e auspicabili proroghe) dalle 17.00 fino alle 21.00.

    Piccola nota a margine: a far nascere questa bella collaborazione artistica siamo stati un po’ anche noi con le nostre interviste itineranti. Infatti, dopo aver letto l’intervista che avevamo fatto a Giustino Di Gregorio, Manuela ha pensato di contattarlo per proporgli di collaborare a questa installazione.

    foto di Pippo Marino


    16 thoughts on “MENHIR

    1. Dalle immagini e dal video, non posso che fare i complimenti all’artista… Veramente notevole, ed il contrappunto con lo spazio veramente suggestivo!

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